La Russia, l'Arabia Saudita e la battaglia per il controllo del mercato del petrolio in Europa

La Russia e l'Arabia Saudita hanno abbassato il prezzo del greggio per il mercato europeo, facendo venire meno la speranza dei Paesi produttori di una diminuzione delle quantità estratte

La competizione per il dominio del mercato europeo del petrolio fra i due più grandi esportatori mondiali di greggio, l'Arabia Saudita e la Russia, si sta facendo più serrata ed entrambi i Paesi hanno diminuito i prezzi del greggio, a fronte della possibilità che l'Iran ritorni sul mercato, all'eventuale diminuire delle sanzioni nel 2016.

Nei mesi scorsi sia le imprese russe, sia la Saudi Aramco, ovvero la Saudi Arabian Oil Co., hanno praticato politiche aggressive di sconto sul greggio destinato all'Europa e l'Arabia Saudita ora punta a mercati come la Svezia e la Polonia, fino ad oggi dominio delle imprese petrolifere russe.

La competizione serrata ha smorzato tutte le speranze che la Russia si adegui alla richiesta dell'OPEC, l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, di una diminuzione cooperativa della produzione, prima dell'incontro di  Vienna venerdì prossimo, durante il quale alcuni dei Paesi aderenti all'OPEC vorrebbero che stati non aderenti, come la Russia, aiutassero a far tornare più elevati i livelli dei prezzi, diminuiti di oltre il 60% dal 2014.

Anche se la Russia talvolta intavola negoziati e discussioni con l'OPEC su temi di mercato, Mosca tradizionalmente non coopera con il gruppo per la produzione, e questi ultimi sconti, secondo i rappresentanti di alcuni stati membri dell'OPEC, saranno una buona ragione perché i russi non si siedano nemmeno al tavolo delle trattative in cui verranno discussi gli eventuali tagli.
La mossa saudita di rifornire raffinerie svedesi e polacche, tradizionalmente servite dal greggio russo, ha forzato le imprese petrolifere russe a vendere l'Ural, la miscela principale di export russo, a un prezzo ulteriormente scontato.

Sebbene l'Ural costi da sempre meno del Brent, preso come benchmark sui mercati internazionali, in questo periodo la differenza di prezzo è triplicata, a causa dell'accresciuta disponibilità di petrolio mediorientale.
Secondo i russi, c'è una forma di dumping attivo da parte dell'Arabia Saudita in Europa e di conseguenza essi intendono attuare le proprie mosse per assicurarsi una forte presenza sui mercati europei.

Secondo l'Arabia Saudita, invece, le proprie attività di ingresso nei mercati nordici sono semplicemente il risultato di una domanda che viene soddisfatta dall'offerta delle proprie imprese.

Sia la Russia che l'Arabia Saudita hanno estratto petrolio a livelli record quest'anno, cercando di mantenere quote di mercato elevate, soprattutto nei confronti dell'Iran, che presumibilmente dovrebbe ricomincerà a esportare, e riconquistare quote di mercato, nel 2016, quando le sanzioni occidentali causate dai suoi programmi nucleari dovrebbero diminuire.

Entrambi i concorrenti producono attualmente più di 10 milioni di barili di greggio al giorno, e questo livello di produzione ha contribuito a creare un'offerta che supera la domanda globale, contribuendo a mantenere i prezzi al di sotto dei 50USD al barile.

Nel 2016, dunque, ci si aspetta un intensificarsi della concorrenza, quando l'Iran, che riforniva, prima delle sanzioni del 2012, circa il 4,4% del greggio all'Europa , ritornerà sul mercato con grandi volumi se le sanzioni verranno tolte.
E, in preparazione al grande ritorno, l'azienda petrolifera di Stato, la National Iranian Oil Co., ha già simbolicamente diminuito di 5 centesimi di dollaro al barile il prezzo per le consegne di dicembre del proprio petrolio destinato all'Europa nordoccidentale: un gesto puramente simbolico, poiché le importazioni dall'Iran sono ancora bandite per le sanzioni.

Secondo il ministro per gli affari internazionali dell'Iran, Zamaninia, alcune trattative sarebbero già in corso da parte di raffinerie e petrolieri europei per l'acquisto di diverse migliaia di barili di greggio al giorno, e le visite di delegazioni straniere che avrebbero espresso interesse nell'acquisto di petrolio iraniano includerebbero la Grecia e l'Italia.

Ovviamente, maggiore competizione fra venditori già presenti sul mercato europeo e l'eventuale ritorno sul mercato dell'Iran significherebbe maggiore potere nelle mani dei compratori, e ciò, insieme ai recenti ribassi di prezzo, ha messo in evidenza anche un grande problema per i Paesi produttori: non c'è sufficiente domanda a livello globale per tutto il greggio che viene estratto nel mercato. Ogni giorno, nel 2015, sono stati estratti un milione di barili oltre la domanda mondiale.

D'altra parte, la dipendenza dell'approvvigionamento UE da un numero maggiore di Paesi, metterebbe l'Unione in una situazione di maggiore sicurezza rispetto ad eventuali rischi legati al singolo Paese fornitore, e ciò si rifletterebbe in una maggiore tranquillità di approvvigionamento, almeno per quanto riguarda il petrolio greggio.